La chiesa parrocchiale di San Nicolò Vescovo è un edificio del XVII° secolo di marca gotico-catalana con particolarità di spicco, iniziato nel 1611 dai maestri Giovanni Antonio Pinna di Cagliari e Antioco Flores di Sardara e proseguito negli anni successivi anche con il contributo dei cagliaritani Antioco Marongiu, Francesco Muccelli e Giovanni Antioco Dessi.
Sarà però opportuno considerare che nel 1524 la chiesa parrocchiale aveva già questa intitolazione, e perciò anche in considerazione delle singolarità manifestate dalla facciata, lasciare il campo aperto all’ipotesi che alcune strutture di un primitivo impianto possano essere sopravvissute. Intorno al 1625 l’edificio presentava una navata unica, a copertura lignea retta da arconi daubleaux, terminate in una cappella presbiterale voltata a due cappelle ad essa adiacenti. Risalirebbe a questa fase la facciata con coronamento decorato da merli a pettine e magnifico rosone traforato a giorno da motivi pienamente gotici, forse derivati da diretti esempi di cultura catalana quali quelli cagliaritani di Sant’Eulalia e di san Giacomo. Peculiare è il portale disegnato da una modanatura che nel tratto orizzontale superiore si flette in un arco a ferro di cavallo e nel culmine di ognuno dei due tratti verticali termina in una nicchia archiacuta ospitante i notevoli ritratti marmorei di Carlo Ve Filippo II di Spagna. E’ scomparsa l’effige del Santo o il fiorone gotico scolpito alla sommità della modanatura arcuata. Il campanile fu edificato fra il 1672 e il 1723.
Le cappelle di Sant’Antioco e di Sant’Antonio di Padova, attualmente sotto l’invocazione del Sacro Cuore e dell’Immacolata, furono iniziate, da Giovanni Pietro e Lorenzo Arrius, morti di peste nel 1652, e terminate da Giovanni Agostino Aquenza, Gavino Murgia, Carlo Lixandro e Agostino Iddau fra 1655 e 1657, tutti sassaresi.
Gli ultimi due intrapresero la costruzione della volta in muratura nel 1658 insieme con Giovanni Stefano Melas, portata a conclusione nel 1652 da tre maestri di Samatzai. La cappella dell’Arcangelo Raffaele è invece dell’ultimo decennio del ‘700. La Chiesa è rivestita da una ricca decorazione murale, purtroppo assai rovinata, che risale al 1904 e fu offerta da Zeli Castoldi Sanna, come ricorda l’epigrafe nella tribuna.
Le campate centrali ospitano figure angeliche. In questa prospiciente la cappella presbiterale sono dipinti una croce e due superbi Evangelisti che fanno da pendant agli altri due nella campata d’ingresso, però rovinati e parzialmente occultati dalla tribuna. Anche la cappella presbiterale, voltata a botte e meno alta e ampia della navata, conserva un affresco raffigurante angeli che trasportano la Croce. L’ ingresso del coro, è occupato dall’altare maggiore marmoreo, dominato da una candida statua di marmo del Santo vescovo cui si allineano due angeli, complesso databile anch’esso al 1904.
Il palliotto, più antico ornava dal 1727 uno scomparso altare ligneo; reca l’iscrizione del dedicante, il notaio Pietro Serra.
La pregevole lampada in argento è opera sarda del 1790. Tutte le cappelle sono voltate a botte e sono state decorate da finti lacunari e altri motivi decorativi dipinti, ma hanno conservato l’intradosso dell’arco in nuda pietra con doppia teoria di motivi vegetali stilizzati e altre decorazioni geometriche. Lo sfondamento dei sette divisori fra le cappelle (1788-1789) ha creato due pseudo navate. Nelle prime cappelle sono state adagiate alcune preziose campane: una recante gli stemmi d’Aragona insieme con quelli arborensi (1327), una proveniente dalla Chiesa di Santa Maria (1698) un’altra fusa a Venezia nel 1700.
Fra le tante sculture di alterno pregio, sono degne di attenzione quella del Cristo deposto nella seconda cappella a destra, la statua, sempre lignea, di San Pietro nell’ultima cappella del lato destro, la Vergine dei Sette Dolori e il Crocifisso (attribuito a Giovanni Angelo Puxeddu, 1634) nell’opposta – dove il tabernacolo e la nicchia marmorea sarebbero di Pietro Pozzo – il San Giuseppe e il seicentesco San Giovanni Battista nella successiva, il San Sebastiano nella prima cappella a sinistra, un San Nicola di Bari attribuibile al Lonis nella sacrestia. Intensa devozione suscita l’arcaizzante simulacro di Santa Maria Urradili, nella quarta cappella a destra (del Rosario), nella terza e nella seconda di sinistra (rispettivamente dedicati a Sant’Antonio di Padova e a Santa Lucia), mentre nella prima il paliotto, attribuita a Domenico Spazzi (circa 1751) ha una singolare disposizione per cui il medaglione centrale raffigura le Anime Purganti (rappresentate anche in una settecentesca tela incastonata nell’altare) e ai lati si trovano le effigi in rilievo dei due santi (San Nicola da Tolentino e Santa Rita da Cascia) l’arredo marmoreo comprende inoltre un bel fonte battesimale (1766); addossato alla facciata. Una preziosa rarit� � costituita dall’organo ligneo fabbricato dal milanese Giuseppe Lazzari (1768), nella terza cappella a destra. Il tesoro custodisce, tra i notevoli argenti, una bellissima croce processionale e un turibolo a tempietto tardo gotici, un interessante reliquario del Lignum Crucis, opera di un tal maestro Antonio nel 1633 (verosimilmente Antonio Mura in quell’anno Maggiorale del Gremio degli Argentieri a Cagliari) un ostensorio realizzato nel ‘700 nello Stato Pontificio, forse quello commissionato nel 1790, un turibolo di ambito ligure che è probabilmente lo stesso che fu eseguito nel 1788.
Scheda tratta da Parrocchia San Nicola